Ampiamente reclamizzato a causa dell'(ottimo) esordio di Bernard Tapie nelle vesti d'attore, HOMMES, FEMMES è un condensato delle contraddizioni cinematografiche del proprio autore. Da un soggetto che non sarebbe dispiaciuto ai maestri della commedia agrodolce (ad inevitabili fini sentimentali, seducente dottoressa inverte i risultati di due biopsie: quelli fatali al paziente sano, i favorevoli al malato vero) Lelouch cava risvolti pure stimolanti. Ed ovvietà, abusi, inverosimiglianze evidenti. La sceneggiatura elaborata, il montaggio che la valorizzano, i dialoghi che la scandiscono denunciano qualcosa in più del semplice mestiere di un cineasta esperto: ma pure le sue continue cadute di gusto (ah, quell'insopportabile vagabondo dalla voce d'oro, cosi falso oltre che sfacciatamente copiato da certe apparizioni magiche di Kieslowski...), gli eccessi di una furbizia lussuosamente incartata. Gli attori (che rimangono il punto di forza del film) della classe di un Fabrice Luchini o di un Pierre Arditi (oltre al sorprendente psicodramma di un personaggio come Tapie) non possono non assicurare una certa vitalità al film: ma, al tempo stesso, l'irritazione nel vederli andare costantemente sopra le righe. O, ancora, la fotografia: curatissima, quanto leccata fino all'autolesionismo.

Un'infilata di belle speranze; regolarmente seguite dalle inevitabile docce gelate. È tutto il cinema di un regista ambizioso, anche dotato, ma insopportabilmente snob.